Dolore al Gomito

Dolore al Gomito

Le due cause più frequenti:
Epitrocleite ed Epicondilite

Il gomito è il sistema articolare intermedio dell’arto superiore, situato tra il braccio e la mano.
Come tutte le articolazioni, anche il gomito è soggetto a traumatismi e sforzi ripetuti nel tempo, dunque tante possono essere le cause di origine del dolore al gomito o all’avambraccio.
Da un punto di vista epidemiologico, la causa più comune di dolore al gomito è rappresentata dall’epicondilite, nota anche come “gomito del tennista”, seguita dall’epitrocleite (“gomito del golfista”).

Epicondilite

La più diffusa e nota è l’epicondilite, che consiste in un interessamento infiammatorio-degenerativo dei muscoli epicondiloidei (estensori-supinatori) nel punto della loro inserzione omerale: l’estensore radiale breve del carpo è il muscolo più frequentemente coinvolto, per lo più nella pratica del tennis, tanto che questa patologia è conosciuta anche come gomito del tennista (tennis elbow), tanto è vero che sebbene impreciso, è diventato parte del linguaggio medico-sportivo.
Sarebbe infatti più corretto parlare di epicondilite o epicondalgia laterale per indicare un dolore dorsale all’avambraccio, associato all’utilizzo improprio dei muscoli estensori del polso. 

Da un punto di vista anatomopatologico l’epicondilite si caratterizza per rotture microscopiche e macroscopiche dei tendini estensori a livello del punto di inserzione omerale, che evolvono verso un processo degenerativo più che infiammatorio in senso stretto.

Le Cause

In genere le cause dell’epicondilite, sono rappresentate da un over use ossia sollecitazioni muscolari disomogenei tra cui: 

  • gesti sportivi non eseguiti con correttezza 
  • posizioni prolungate nel tempo
  • sollecitazioni muscolari corrette ma troppo intense nel modo e nella frequenza
  • stress ripetitivo in valgo
  • micro traumi ripetuti nel tempo e con un uso scorretto o anche di attrezzi sportivi

Meno frequente è la causa rappresentata da trauma diretto, con possibile insulto sul microcircolo muscolo-tendineo locale, che conduce a fenomeni di necrosi tissutale.

I Sintomi

Tra i sintomi, quello principale è il dolore, riferito a livello epicondiloideo, quindi sulla parte antero-laterale del gomito e dell’avambraccio, ad insorgenza insidiosa, progressiva. Altri sintomi sono rappresentati:

  • dalla intensa dolorabilità alla digitopressione sull’epicondilo a livello prossimale
  • l’esacerbazione del dolore locale mediante una manovra di estensione forzata del polso e delle dita controresistenza ad avambraccio pronato, soprattutto se il gomito è in estensione
  • dolore su tutto il decorso muscolare durante la manovra di allungamento. 

Nella stragrande maggioranza dei pazienti affetti (circa il 25%) possono riscontrarsi calcificazioni nei tessuti molli a livello dell’epicondilo omerale, ma sembra che questo reperto radiologico non abbia un significato prognostico importante per la malattia.
È importante osservare come alcuni sintomi dell’epicondilite si sovrappongono ad altre patologie, per questo è importante una valutazione specialistica.
È da porre diagnosi differenziale con artrosi di gomito, osteocondrosi, osteocondrite dissecante, instabilità rotatoria postero laterale dell’articolazione del gomito, cervicobrachialgia e  sindrome del tunnel radiale, ossia la compressione del nervo interosseo posteriore a livello dell’arcata di Froshe; quest’ultima condizione si associa all’epicondilite nel 5% circa dei casi e in tal caso il dolore si porta distalmente all’epicondilo e si aggrava con una supinazione forzata.

La Terapia

Il trattamento è incruento, infatti si possono ottenere ottimi risultati nel 90% dei casi, soprattutto se gli interventi conservativi vengono realizzato entro sei mesi dall’inizio della sintomatologia dolorosa.
In genere si prescrive riposo nella fase acuta, con scarico dell’articolazione del gomito e del polso, si controlla il dolore attraverso l’utilizzo di farmaci, come ad esempio gli antinfiammatori, e la terapia fisica strumentale con effetto antalgico ed antiflogistico.
La terapia chirurgica viene poi riservata alle forme particolarmente resistenti alla terapia mediche e fisioterapiche iniziale, e vi si ricorre dopo almeno sei mesi di trattamento incruento inefficace.

Nella fase subacuta, una volta raggiunto il controllo del dolore, la letteratura è concorde nel ritenere fondamentale per il processo riparativo un protocollo riabilitativo completo con la supervisione del fisioterapista e l’utilizzo di terapie fisiche di vario genere, a seconda dell’obiettivo terapeutico che si vuole raggiungere.
Innanzitutto bisogna favorire ed aiutare il naturale processo biologico di riparazione a livello tendineo tissutale e ciò può essere ottenuto ad esempio attraverso l’utilizzo di Laserterapia ad Alta Potenza che consente di ottenere nella fase acuta un effetto antiedemigeno e antalgico, mentre nella fase successiva, ed attraverso parametri fisici ben definiti, un effetto metabolico e biostimolante, accelerando difatti la riparazione tissutale; nelle fasi croniche è altamente consigliata la terapia ad onde d’urto extra corporee, in quanto le micro emorragie indotte dal trattamento a livello muscolo-tendineo sembrerebbero favorire il processo di rimodellamento nella frase cronica recidivante della malattia, senza peraltro determinare effetti dannosi (se ben eseguita e tenendo in conto le controindicazioni assolute e relative).
Essenzialmente il trattamento con onde d’urto consente di determinare un effetto antalgico (antidolorifico) e al contempo di creare nuovi vasi (neoangiogenesi) stimolando il processo riparativo.

Ovviamente alla terapia strumentale si associa un trattamento fisioterapico incentrato su:

  • Esercizio terapeutico
  • Recupero dell’elasticità attraverso un programma di allungamento di tutta la catena anteriore del braccio che può essere iniziato precocemente
  • incremento della resistenza da iniziare non appena il paziente sia in grado di tollerare più ripetizioni, con esercizi ad elevata intensità contro basse resistenze
  • Tecniche miofasciali ed articolari
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Epitrocleite

L’epitrocleite, spesso erroneamente confusa con l’epicondilite anche dagli addetti ai lavori, è conosciuta anche come gomito del lanciatore o del golfista; si caratterizza anch’essa per un interessamento di tipo flogistico degenerativo mio-tendineo, che in tal caso riguarda i muscoli epitrocleari (flessori-pronatore) allo loro origine omerale: il muscolo pronatore rotondo e il flessore radiale del carpo.

Da un punto di vista eziopatogenetico la causa principale è il sovraccarico con sollecitazioni muscolari disomogenee, stress ripetitivi, microtraumi, traumi diretti.
Nell’epitrocleite il dolore è riferito nella regione mediale, cioè interna, del gomito e dell’avambraccio, con un’insorgenza solitamente graduale e periodi di remissione e riacutizzazione, soprattutto in rapporto all’attività svolta; il dolore può essere riprodotto attraverso delle manovre che provocano una pronazione contro resistenza o una flessione contrastata del del polso.
Il trattamento conservativo è pressoché lo stesso effettuato per l’epicondilite.

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