Lombosciatalgia o Lombocruralgia
Il tratto lombare del rachide è anatomicamente costituito da cinque vertebre; mette in comunicazione la regione toracica con il bacino e le gambe, permettendo l’esecuzione di innumerevoli movimenti come la rotazione, la flessione e la torsione del tronco.
Permette, inoltre, la stazione eretta, la deambulazione e i passaggi di postura partecipando quindi a tutte le attività quotidiane dell’uomo; una sua sofferenza funzionale con la presenza di dolore può determinare una limitazione di molte delle attività, riducendo considerevolmente la sua qualità della vita.
Dunque, molto spesso tale tratto, per molteplici motivi, diventa sede di dolore, dando origine a quadri di lombalgia (mal di schiena o low back pain).
Le cause di lombalgia possono essere di varia natura (articolari, muscolari, extrarachidee, secondaria a patologie internistiche, posturali ecc…).
In questo articolo prendiamo in esame la discopatia lombare, che rappresenta un problema molto frequente, causa di lombalgia con irradiazione della sintomatologia agli arti inferiori.
È opportuno precisare che il dolore lombare non è sempre correlato ad un quadro di discopatia e viceversa, pertanto bisogna procedere sempre ad una valutazione specialistica.
Per discopatia si intende una condizione patologica caratterizzata da alterazioni di tipo prevalentemente degenerativo a carico del disco intervertebrale e delle strutture anatomiche ad esso adiacenti.
Da un punto di vista anatomopatologico l’evoluzione della discopatia percorre sostanzialmente tre tappe:
1) la distrofia del disco, caratterizzata da una diminuzione del suo spessore
2) la fibrosi
3) l’ernia, che può manifestarsi o meno in relazione al verificarsi di particolari eventi traumatici (es.stress in flessione della colonna).
Il disco intervertebrale, dal punto di vista anatomo-funzionale, è una struttura inserita tra una vertebra e l’altra con due compiti ben definiti: quello di ammortizzatore, e quello di snodo sul quale avvengono i movimenti del segmento vertebrale.
L’insieme delle condizioni biomeccaniche, siano esse congenite o acquisite, che possono determinare un sovraccarico funzionale a livello del disco e assai vario e complesso.
Si è visto come, sotto il profilo funzionale, già a riposo il semplice carico gravitazionale sottoponga alcuni dischi intervertebrali, in particolare quelli L4-L5 ed L5-S1 a carichi molto elevati.
Dal punto di vista clinico la discopatia interessa soprattutto soggetti tra il terzo e il quinto decennio di vita ed esordisce generalmente con un episodio acuto di lombalgia.
Gli episodi dolorosi tendono comunque, nella grande maggioranza dei casi, a ripetersi nel tempo, fino a diventare frequenti, prolungati e resistenti alle terapie, da determinare un quadro clinico di vere propria lombalgia cronica, quadro che il più delle volte si complica con la comparsa di sintomi a carattere neurologico (lombosciatalgia, lombocruralgia).
Malgrado quindi l’esordio spesso acuto, le lombalgie da discopatia tendono ad essere, sotto il profilo dell’evoluzione clinica, patologie a carattere sostanzialmente cronico, in quanto legate al graduale progredire dei processi degenerativi a carico del disco intervertebrale.
Tali processi degenerativi si instaurano in relazione al determinarsi di eventi microtraumatici iterativi che sono a loro volta connessi a varie condizioni biomeccaniche di sovraccarico funzionale del tratto lombosacrale della colonna.
In modo molto schematico si possono distinguere sostanzialmente:
1) un sovraccarico interiore che si determina nel corso delle attività prolungate con la schiena in flessione ad esempio posizione di guida, lavoro in ufficio, alcuni lavori pesanti ecc…
2) un sovraccarico posteriore che tipico ad esempio degli atteggiamenti posturali in iperlordosi
3) un sovraccarico laterale e rotatorio, frequente, ad esempio, delle deviazioni scoliotiche e di numerose condizioni di squilibrio a carico delle anche e degli arti inferiori.
Dunque, dal punto di vista anamnestico assume una grande rilevanza l’approfondita valutazione delle situazioni più rischio per la colonna e quindi l’analisi accurata sia delle abitudini di vita, sia delle condizioni lavorative del paziente lombalgico.
È spesso molto difficile, inquadrare con precisione una lombalgia da un punto di vista eziopatogenetico, proprio perché esistono molte forme cliniche caratterizzate da questo sintomo, la conoscenza delle quali, è peraltro indispensabile ai fini soprattutto di una diagnosi differenziale.
Tra le principali citiamo la comune e frequentissima lombalgia di origine muscolare, che generalmente interessa soggetti giovani ed è dovuta ad una contrattura muscolare dolorosa o più raramente, a una lesione muscolare.
Possono essere causa di lombalgia anche le anomalie congenite vertebrali, tra le quali vanno ricordate la schisi di un arco posteriore, la spondilolisi, la spondilolistesi: si tratta di anomalie molto frequenti che, alterando in modo sensibile la biomeccanica, rappresentano spesso la causa principale di una discopatia.
La diagnosi differenziale deve essere posta con patologie quali, la sindrome miofasciale, la spondilite anchilosante, la stenosi del canale spinale, gli esiti di traumi o di interventi di chirurgia della colonna, la degenerazione del disco di natura infettiva, legata a disciti spesso specifiche o aspecifiche, le patologie extra vertebrali che presentano dei dolori riferiti a livello lombare e i tumori del rachide (red flags).
Il dolore lombare può essere di quattro tipi:
- da irritazione delle terminazioni nervose delle strutture muscolo-scheletriche rachidee
- da contrattura muscolare difensiva o antalgica
- da stiramento, compressione o irritazione di una radice nervosa
- riferito, se proveniente da organi extra vertebrali.
In base a ciò possiamo avere 3 quadri sintomatologici:
1) Dolore lombare isolato (lombalgia pura). La lombalgia semplice è caratterizzata da un dolore localizzato in sede lombosacrale, dal bordo inferiore dell’arcata costale fino alla regione glutea, potendosi estendere anche fino alla regione posteriore delle cosce, ma senza distribuzione radicolare.
2) Dolore irradiato lungo il decorso del nervo sciatico e/o crurale (radicolopatia associata più o meno a lombalgia). Consiste in un dolore neuropatico che, a differenza del dolore lombalgico prima descritto, è ben localizzato e si distribuisce metamericamente su uno o più dermatomeri, irradiandosi, per le radici più basse, al di sotto del ginocchio fino al piede.
Per lombosciatalgia si intende un dolore irradiato posteriormente lungo il decorso del nervo sciatico (radici L5 ed S1) e per lombocruralgia un dolore irradiato anteriormente lungo il decorso del nervo femorale o crurale (radici L4 e prossimali).
Possono essere presenti specifici segni di irritazione radicolare (dolore e parestesie) o di compressione radicolare (alterazione della sensibilità, della forza muscolare o dei riflessi) distribuiti sullo stesso dermatomero o miomero.
L’ernia discale è la causa più frequente di radicolopatia. Un’ernia discale può determinare la sofferenza di una o più radici.
L’interessamento dipende dal disco interessato (più frequentemente L5-S1 e L4- L5, più raramente L3-L4 e molto raramente gli altri livelli) e dalle caratteristiche dell’ernia: localizzazione topografica dell’ernia (mediana, paramediana, posterolaterale, foraminale, extraforaminale), dalle sue dimensioni e dall’eventuale migrazione.
3) Dolore associato alla colonna lombo-sacrale e all’arto inferiore.
L’ernia del disco lombare con radicolopatia viene definita come una fuoriuscita di materiale discale dai normali margini dello spazio del disco intervertebrale che determina la comparsa di dolore, disturbi sensitivi e motori con una distribuzione radicolare.
La genesi della radicolopatia è multifattoriale e può essere spiegata da una combinazione di fattori meccanici (compressione sulla radice) ed infiammatori (legati verosimilmente alle proprietà antigeniche del nucleo polposo con elevata concentrazione di mediatori infiammatori in prossimità dell’ernia).
È necessario precisare che i disturbi dolorosi lamentati dal paziente con radicolopatia da ernia discale sono legati a meccanismi complessi e non del tutto conosciuti, che implicano la presenta di un dolore non solo di tipo neuropatico, ma anche di altra natura (nocicettivo, somatico riferito, ecc.), anche se comunque l’irradiazione metamerica distale resta l’aspetto più caratteristico.
Sintomi
La sintomatologia dolorosa dovuta a sofferenza discale, di qualunque natura esso sia, alla caratteristica solida di essere intermittente e di aumentare con l’attività di carico del rachide e, soprattutto di esacerbarsi gravemente quando il paziente tiene allungo la posizione seduta o in piedi con un carico bipodalico statico.
La discopatia è caratterizzata da una perdita di funzionalità del disco e da una sua permanente diminuzione in altezza, che si instaura quando si determinano lesioni di carattere degenerativo della porzione più interna dell’anello fibroso, il quale non riesce più a contenere correttamente sotto pressione il nucleo polposo.
Quest’ultimo, a sua volta, va incontro a fenomeni irreversibili di disidratazione e perde più o meno la sua forma sferica insinuandosi nelle lesioni dell’anello fibroso.
La deformazione del disco lesionato causa un processo di destabilizzazione della normale funzione delle vertebre, culminante in un processo di avvicinamento dei corpi tra loro e interessati dalla patologia del disco.
Quanto detto a sua volta, altera le dimensioni e la conformazione del canale di coniugazione, determinando un’irritazione delle radici nervose con conseguente insorgenza del dolore, disturbi della sensibilità e in casi più gravi alterazioni della forza muscolare.
Il disco degenerato, può provocare a suo tempo l’instaurarsi riflesso di un anomalo movimento di scivolamento di una vertebra sull’altra, che amplifica lo squilibrio della distribuzione dei carichi sul disco stesso, instaurando così le prime deformazioni carico dei corpi vertebrali che potranno poi sfociare in un quadro di spondilo artrosi conclamata.
Successivamente, la pressione del nucleo polposo erniato può provocare una lesione del legamento posteriore con una conseguente migrazione al di sotto di questo in questo caso, si avrà un’ernia protrusa o migrata.
Diagnosi
È necessario effettuare un esame clinico accurato in tutti i pazienti affetti da dolore lombare irradiato agli arti inferiori, raccogliendo i dati anamnestici e effettuando un esame obiettivo completo.
Nell’anamnesi vanno in particolare ricercati i semafori rossi (red flags) e nell’esame obiettivo devono essere sempre effettuati i test radicolari con maggiore accuratezza diagnostica per l’ernia discale.
L’esame obiettivo si basa sull’ispezione, la palpazione, la valutazione della motilità e sulle manovre diagnostiche rivolte a valutare i segni di sofferenza radicolare.
Ci sono relativamente pochi lavori di alta qualità sulla diagnostica per immagini dell’ernia del disco. La Risonanza Magnetica (RM) è raccomandata come esame diagnostico principale non invasivo per la diagnosi di ernia discale nei pazienti con radicolopatia.
Altri esami strumentali (indagini radiologiche standard e dinamiche, esami elettrofisiologici, tra cui elettromiografia ed elettroneurografia.
Terapia
Il trattamento dell’ernia discale con radicolopatia può essere sia conservativo che chirurgico.
Ad eccezione della sindrome della cauda equina e dei deficit motori progressivi, il primo trattamento da effettuare è quello conservativo.
Nella maggior parte dei pazienti il riposo a letto non comporta particolari vantaggi rispetto al mantenimento delle comuni attività quotidiane per cui si raccomanda quindi di limitare il riposo a letto allo stretto necessario.
Si consiglia ritornare attivi il prima possibile, adattando il livello di attività al grado di dolore.
Nella radicolopatia da ernia discale vengono utilizzati generalmente i seguenti gruppi di farmaci: antidolorifici, anti-infiammatori, oppioidi, cortisonici, miorilassanti, antidepressivi, antiepilettici, inibitori dei fattori di necrosi e neuroprotettori; gli steroidi vengono largamente impiegati nel trattamento della radicolopatia da ernia discale, con lo scopo di ridurre la flogosi locale e l’edema periradicolare.
Sarà il medico specialista a definire il trattamento più appropriato a seconda dei casi.Fondamentale è l’intervento di tipo riabilitativo fisioterapico, che si incentra su particolari tecniche e strategie.
L’obiettivo principale è quello di migliorare la sintomatologia dolorosa ma soprattutto perseguire il miglioramento globale della funzionalità vertebrale, attraverso un ricondizionamento muscolare, correzioni posturali, tecniche di rieducazione posturale.
In prima istanza sono altamente consigliate tecniche di mobilizzazione e manipolazione vertebrale, tecniche miofasciali, associate all’esercizio terapeutico specifico per ogni singolo paziente.
Nel trattamento delle problematiche radicolari va inserito anche un percorso di terapia fisica strumentale (seppure non esistono molte prove scientifiche), come ad esempio la laser terapia ad alta potenza, che consente di ottenere non solo una riduzione della sintomatologia dolorosa, ma un effetto antiedemigeno sulla radice irritata, riducendo il processo infiammatorio.
Talvolta si ricorre a: TENS terapia (Transcutaneous Electric Nervous Stimulation, raccomandata dalle linee guida) ossia la stimolazione elettrica trans cutanea nervosa che consente attraverso dei micro impulsi di eccitare le fibre della sensibilità nervosa tattile; la massoterapia; tecarterapia (sfruttando il principio del calore terapeutico sulla muscolatura perivertebrale.
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